Buongiorno! Ed ecco qui un lungo articolo semi-provocatorio sul perché non potete scrivere senza leggere. Mi prendo tre righe per spiegare il titolo, dato che non verrà più ripreso. Dato che questa domanda viene fatta molto spesso ho preso a rispondere “You can’t be a movie director without ever going to the movies”. Perché? Perché mostra l’assurdità. Ho fatto l’esempio con il regista perché di solito è lui/lei che si prende tutti i meriti, e soprattutto perché se non sai cos’è un film, che cosa contiene, che cosa vuoi dire con quel film non sei in grado di farlo, il film. La cinematografia, proprio come la letteratura è fatta di convenzioni, regole, assunti.
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Perché si pensa di poter scrivere senza leggere?
Per due motivi: perché si sopravvaluta come obiettivo il riuscire a pubblicare un testo e perché si sottovaluta il processo di scrittura.
Chiariamo la mia posizione: il talento non esiste. Se il talento esistesse io non sarei qui a scrivere e a parlare per ore di consigli di scrittura perché una parte della popolazione “destinata” a scrivere saprebbe già tutto(sarebbe una trama molto interessante da sviluppare). Ma non funziona cosi (fortunatamente!): la scrittura, come molte altre abilità può essere imparata e studiata, il che implica il dover comprendere alcune nozioni.
Ah, quindi ha anche delle regole? Non posso infrangerle?
Per poter infrangere le regole si deve prima impararle. E imparare le regole richiede tempo e dedizione. Tanta, tanta dedizione. Io personalmente scrivo da… quindici anni, più o meno. E in quindici anni mi rendo conto di non sapere ancora una beata, ho difficoltà con la stesura di certe scene, ho dovuto studiare modi per far funzionare quello che volevo fare…
Beh. Diciamo che le regole relative alla scrittura si possono dividere in queste parti:
- Regole grammaticali e sintattiche. Le basi. Quelle che si imparano alla scuola dell’obbligo per intenderci. Penso siano autoesplicative. Anche queste, avendo sufficientemente esperienza, possono essere “adattate”: basti pensare a un personaggio con un handicap mentale (Fiori per Algernon, Daniel Keys) o a un racconto sperimentale (Ulisse, James Joyce), però non si ha il coraggio di farlo: se da un lato abbiamo le regole “da infrangere” (quelle stilistiche, a meno che non siano state scritte da Grande Autore), queste sono considerate i 10 comandamenti scolpiti in pietra, il che crea un assurdo.
- Regole stilistiche. E non sono regole. Le “regole” stilistiche variano in base all’epoca e al genere che si sta scrivendo di solito. Un romanzo ottocentesco è pieno di lunghe descrizioni statiche che oggi verrebbero stralciate da qualsiasi editor. Queste vengono considerate dal principiante una limitazione alla libertà personale
modello antimask, un qualcosa che si può prendere e buttare nel cesso quando fa comodo. Ma non sono regole: sono convenzioni. - Regole tipografiche. Non le decidete voi. Variano in base alle direttive della CE o dove pubblicate. Anche queste possono essere… sperimentali (es. Illuminae di Amie Kaufman e James Kristoff). Esse riguardano l’utilizzo di font, la dimensione del font, l’interlinea della pagina, caporali vs trattini vs virgolette per i dialoghi eccetera eccetera.
Se le regole grammaticali e sintattiche vengono imparate a scuola, quelle tipografiche vengono decise dalla casa editrice, vi rimangono quelle stilistiche. Il miglior modo per imparare queste regole stilistiche è… Avete capito bene: leggere. Non credo esista una quantità di libri minima o sufficiente per poter effettivamente assorbire le regole (perché cambiano) e non credo nemmeno che dire “leggi il più possibile” sia un buon consiglio.
Perché non si vuole leggere?
Credo che il pregiudizio sia riassumibile in questi punti:
- Ma leggere è noioso!
- Ma non ho tempo per leggere!
- Ma non voglio rovinarmi la creatività!
- Ma so già tutto!
- Ma nessuno ha fatto quello che ho fatto io!
Questa divisione non è scientifica: è solo il frutto di osservazioni e confronto. In generale il problema è:
- Non voglio mettermi in discussione.
No, non ho commesso errori: è proprio il mio riassunto del problema. Non voglio mettermi in discussione perché so già tutto, perché leggere è inutile e noioso (però il mio è diverso, giuro!) e bla bla.
Il significato di leggere
Leggere vuol dire anche mettersi nella condizione di recepire, in tutti i sensi. Recepire che può voler dire studiare come altri autori hanno affrontato le tematiche del testo, oppure studiare cosa hanno in comune i capisaldi di un determinato genere, può voler dire studiare un particolare tropo e guardarsi/leggersi tutto quello che si trova con quel pezzo di storia perché è la chiave della storia.
Qualcuno lo può anche chiamare “marketing”. Se voglio fare l’autrice self di roba furry1 erotica la prima cosa che faccio è andarmi a leggere il leggibile (e le recensioni a quel leggibile), in modo da capire cosa vuole chi si interessa di certe robe, cosa piace e cosa no, cosa va “di moda” in quel momento (non mesi o anni dopo).
Leggere non è solo un passatempo per snob, anche se devo dire che molti lettori si impegnano a far sembrarlo tale tra i feticisti della carta, quelli che schifano la letteratura di genere, quelli che non capiscono quello che leggono eccetera eccetera. La community mi è sempre parsa molto chiusa e compatta su quello che è accettabile leggere e quello che non lo è. E me ne dispiaccio perché se anche io che leggo da quando avevo cinque anni sono scappata da qualsiasi community di lettura sicuramente se volessi iniziare a leggere verrei scoraggiata o tempestata di pessimi consigli in quei gruppi.
Però se si vuole produrre un certo tipo di media quel media lo bisogna studiare, apprezzare, capire il funzionamento e fino ad oggi (dato che nessuno nasce con la conoscenza in tasca) il modo migliore è consumarlo in maniera critica.
Cosa NON vuol dire leggere
Potrei scrivere un altro articolo solo su questo punto perché ritengo che molte persone, specialmente gli snob che menzionavo prima, non capiscono il punto.
- Leggere non vuol dire torturarsi con cose che non piacciono. Cioè: non è obbligatorio leggere ciò che leggono tutti, non è obbligatorio leggere il primo in classifica o quello che tutti definiscono il nuovo “capolavoro”.
- Leggere non vuol dire “lo faccio per ricopiare lo stile altrui”. Anche questa è una delle cose che vengono fatte più spesso da chi inizia a scrivere.
- Leggere non vuol dire nemmeno “tizio ha fatto X e allora lo faccio anche io”. No. Il fatto che un autore famoso abbia utilizzato un tropo, una situazione, una certa meccanica narrativa non vuol dire che tu debba fare lo stesso.
Ma allora che cosa devo leggere?
Parafrasando Syd Field: leggi bei libri, pessimi libri, libri così e così, libri di generi diversi, autori con un background diverso dal tuo, autori con il tuo stesso background. Leggere deve essere un’avventura, un modo per ampliare gli orizzonti ed esplorare idee e vissuti diversi. Questo è funzionale anche nel processo creativo. Infatti nella mia esperienza studiare come altri autori hanno gestito un tema, un tropo, un genere mi aiuta a chiarirmi le idee sia sui miei gusti personali e su cosa funziona e cosa no. Mi aiuta ad assemblare meglio i pezzi del puzzle durante sia la fase di stesura della trama che durante l’editing.
Conclusioni
Penso sia ridicolo aver dovuto scrivere questo articolo. Nessuno si sognerebbe mai di fare il musicista senza ascoltare musica o di appunto, fare il regista senza andare mai al cinema. Leggere libri può essere problematico per alcune persone (e sarà oggetto di prossimo articolo), ma il non voler leggere e voler scrivere è un atteggiamento che non capisco né condivido.
Certo, ci sono delle eccezioni (autobiografia, se si lavora con un ghostwriter ad esempio), ma queste eccezioni sono rare e sparute. E in ogni caso: per quale motivo si vuole per forza scrivere? Come ho detto nella prima puntata del podcast trovo che pubblicare non debba essere il fine ultimo della scrittura: la vera soddisfazione deriva dal fare il miglior lavoro possibile. E questo non si può fare senza leggere.
- Questo blog non è affiliato con furry, autori self di erotica o altro. Era solo un esempio.