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Procrastinazione: qualche consiglio pratico

Posted on 25 Febbraio 20217 Marzo 2021 by A. M. Rago

Ah, la procrastinazione, che dolce goduria. Specialmente nelle fasi di editing, che è la parte peggiore dello scrivere.
Oggi passiamo in rassegna: cos’è, come si riconosce e qualche modo per averci a che fare. Conoscere il proprio nemico è infatti il primo modo per sconfiggerlo… o capire di avere un problema più grande.

Prima di tutto: la pigrizia non esiste. E anche: non sono una psi-niente, queste cose le ho studiate perché mi erano necessarie in un periodo, per poi capire appunto, di avere un problema più grosso (ADHD, anyone?), sicuramente non risolvibile con quello che elencherò qui.

Cos’è la procrastinazione?

La procrastinazione non è quello che sembra. In “A Mind for Numbers” di Barbara Oakley la procrastinazione viene chiamata “zombie mode”, modalità zombie. Ed è facile intuire il perché.
La narrativa principale vuole nella “forza di volontà” la soluzione per eccellenza nel risolvere il problema ma in realtà è solo un peggiorare le cose.

Perché vedete, la procrastinazione è un processo diverso. La procrastinazione è un processo di evitamento di qualcosa che si è anticipato: dolore.
Un procrastinatore seriale prova dolore quasi fisico all’idea di fare qualcosa. Però ecco il punto: idea di fare qualcosa.
Perché si è anche visto che appena il procrastinatore, chiamiamolo Jim, inizia a svolgere l’attività che sta evitando il dolore svanisce. È umano cercare di evitare attività che sembrano dolorose, anche se poi si rivelano innocue e forse anche divertenti. Quante volte avete rimandato qualcosa, qualsiasi cosa, per poi svolgerla e aver pensato “ci ho messo solo dieci minuti! Se solo l’avessi fatta prima…”

La procrastinazione quindi non è sintomo di “pigrizia”(ammesso e non concesso che questa davvero esista), ma si sta cercando di evitare un problema che il cervello percepisce come enorme: dolore.

Timothy Pychyl, un ricercatore che studia la procrastinazione nel suo libro “Solving the Procrastination Puzzle” ha descritto la procrastinazione come(traduzione mia):

“Il ritardo volontario di un’azione che si intende compiere, nonostante la conoscenza che questo ritardo causerà dei danni all’individuo in termini di performance o semplicemente di come l’individuo si sente riguardo alla task o sé stesso.

La procrastinazione è volontaria e ovviamente non tutti i ritardi nello svolgere qualcosa sono procrastinazione. Se sto cercando di scrivere e mi viene un’emicrania e non riesco a raggiungere il mio obiettivo giornaliero non è procrastinazione: è vita. Non mi sono fatta venire il mal di testa apposta per evitare di scrivere.
Diverso è il discorso se prima di scrivere io mi dico “guardo facebook, vado a cercare qualcosa da mangiare, chiamo mia madre e mi inserisco in un flame sotto un articolo di giornale”. Questo è volontario: nessuna di queste cose è davvero necessaria(a parte chiamare la mamma, ovvio! Chiamate sempre la mamma!). Sto cercando di evitare di scrivere.

La domanda fondamentale da porsi è: “perché diavolo lo faccio?”

Una nota sulla forza di volontà

La forza di volontà è questa magica cura che almeno sulla carta dovrebbe risolvere qualsiasi cosa, dal cancro terminale alla fame nel mondo. E ovviamente nelle cose che dovrebbe risolvere c’è la procrastinazione.
Se cercate di risolvere un problema, spesso cronico, dove evitate di sentirvi male con qualcosa che vi farà sicuramente sentire male… Beh non funziona.
O meglio, funzionerà un paio di volte in un giorno in cui vi sentite particolarmente motivati.
Ma la procrastinazione è un problema cronico in genere e che crea un circolo vizioso. Più si procrastina e si evita qualcosa più si tenderà a procrastinare (per evitarla) e a evitare quella cosa.
La forza di volontà, a differenza di quelli che sono chiamati “meccanismi di coping”, oppure “strategie” oppure “life hacks” se proprio vi piace l’inglese, è una risorsa finita. E voi non volete che un hobby inizi a basarsi sulla forza di volontà, perché:

  1. Che palle. Seriamente. Che palle sarebbe dover tutte le volte sforzarsi di fare qualcosa che chiaramente non si vuole fare e da cui si dovrebbe trarre gioia e non la sensazione di andare al patibolo;
  2. Inizierete a odiare voi stessi, l’hobby, quello che fate e la vostra vita.

Nessuna di queste due cose è un obiettivo o una cosa positiva. Qui su Dilettantismi vogliamo che fare le cose sia divertente, costruttivo e bello.
Inoltre vorrete penso riservare la quota di forza di volontà giornaliera a task che davvero sono pesanti, come pulire il cesso, lavare i piatti o pagare le bollette. Spenderla per lavorare o un hobby non mi sembra un grande uso delle proprie energie.

Perché diavolo lo faccio?

Questa è la domanda fondamentale. Perché lo fate? Perché non vi sentite all’altezza? Perché non vi sembra di star facendo un buon lavoro? Perché in realtà qualcuno vi ha convito a fare quello che state cercando di fare ma voi non volevate? Perché editare fa schifo ed è noioso?
Non posso avere la risposta alla domanda per voi. Ma posso dirvi perché io sto procrastinando male il mio editing: mi sembra di star facendo un pessimo lavoro.
Ma dato che ormai conosco il mio pollo so anche che l’immagine catastrofica che ho nel cervello è falsa.
Questo è un sito dedicato alla scrittura e alla lettura, quindi il mio focus sarà l’hobby, ma la procrastinazione coinvolge molto.
Sempre Timothy Pychyl lo definisce “essere il nostro peggior nemico”. Ecco, provate a mettervi in questa fase.

Ma le distrazioni? Qualche idea su come averci a che fare

Già. Le distrazioni. Parliamone un attimo.
Nella mia venticinquennale carriera di persona con un deficit dell’attenzione che durerà finché respiro ho imparato un paio di cose.

  • Certe cose sono fatte per distrarvi. Come i social. I social sono studiati per catturare la vostra attenzione e fare in modo che ci passiate più tempo possibile. Un bel blocco per le app e passa la paura.
  • Non potete pretendere di concentrarvi per ore e ore sulla stessa cosa. La persona media riesce a concentrarsi per… venticinque minuti. La persona media in buona salute e senza problemi di stress o altro. Venticinque. Ed è per questo che molte tecniche di studio o altro hanno questo intervallo di tempo. Ho misurato (in maniera assolutamente non scientifica né niente, è stato un mio esperimento) la mia di attention span. Siamo intorno ai 7 minuti. E fin qui ho scritto un millino di parole più o meno.
  • A volte distrarsi è necessario e auspicabile. Quindi non buttate proprio via tutto, ecco.

In genere si ha controllo sulle proprie distrazioni. Ci si può spostare in un luogo diverso dal solito ad esempio (ed è per questo che la gente adora le biblioteche, specialmente quelle dotate di aria condizionata), si può mettere della musica strumentale di sottofondo, si possono spegnere pc e smarthphone. Io a quel punto in genere passo una mezz’ora buona a fissare il muro, ma per la maggior parte di voi non funzionerà così. Inizierete a fare le cose senza stressarvi più di tanto. Sistemare la propria scrivania, andare in un altro luogo, ascoltare della musica sono attività piacevoli e dovrebbero aiutarvi.

No, non lo farai né dopo o domani

E iniziamo a venire al dunque. Una delle cose che ci diciamo più spesso è farlo “dopo”. Quel dopo (a meno che non ci sia qualche sorta di scadenza) non ha mai né data né orario.
Come fa notare sempre Timothy Pychyl, c’è in corso un bias nel quale si prevede (a torto) di sentirsi meglio il giorno dopo rispetto a una particolare cosa da fare.
Ma le persone sono abbastanza scarse nell’ambito di prevedere le cose (soprattutto anche il tempo che ci impiega a compiere un’attività!)

Una volta imparato questo è d’obbligo imparare a dirsi “no, non mi sentirò meglio domani. Meglio farlo ora.”
E peggio ancora, sempre la ricerca dimostra che lavorare “sotto pressione” aumenta la probabilità di compiere errori.

Qualche strategia

Ora, le istruzioni.
1. Smettetela di raccontarvi balle. Perché di nuovo, non lo farete dopo o domani. Perché domani di fronte alla stessa sfida il pensiero sarà ancora lo stesso.
2. Perché lo fate? Un po’ di sana auto-indagine può aiutare.
3. Pianificare troppo è anche quella procrastinazione: ci si concentra su dettagli minori per evitare di avere a che fare con la task generale. Di overplanning ne parleremo un po’ più in dettaglio in futuro. Ma se passate più tempo attaccati all’agenda che a lavorare sul vostro progetto ‘è un problema.
4. L’unico modo per rompere il circolo vizioso è… fare le cose. Lo so, è brutto, fa schifo, avete fame e volete proprio commentare sotto quella notizia… Ma no. Iniziare a svolgere quello che si deve fare è l’unico modo per averci a che fare.

Dovete fare qualcosa: fatelo. Alcuni trucchi che uso personalmente:
-Farmi dire da qualcuno a una certa ora che devo fare qualcosa;
-Impostare una sveglia sul cellulare (se avete Alexa o Google Home usateli!);
-Iniziare con qualcosa di più piacevole e leggero;
-Post-it ovunque.

Conclusioni

Abbiamo imparato cos’è uno dei nemici più abili della scrittura: la procrastinazione e come ci inganniamo di continuo per evitare di fare le cose che dovremmo fare. Consapevoli che nel futuro non ci verrà voglia di finire quello che stavamo facendo, forse è meglio


Fonti:
-A Mind For Numbers, Barbara Oakley;
-Timothy Pychyl “Solving the procrastination puzzle”;
-Il blog di Timothy Pychyl.

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